Per “scontri” si intendono qui gli episodi in cui non vi sono solo scambi di lettere, mantenute sul piano del
confronto delle idee; ma anche il confronto pubblico, anche duro, tra piani d’azione, progetti, comportamenti
e interessi. Ci si batte per cambiare situazioni. Entrano in arena anche altri soggetti, e i media alimentano
o orientano le polemiche, contribuendo con inchieste, interviste, ecc.
Qui sono compresi solo documenti a stampa; non compaiono le diverse attività che sostanziano gli scontri –
interventi a voce, incontri, lettere personali, telefonate, assemblee, manifestazioni ecc., che a volte hanno
richiesto molte risorse di tempo, energia e volontà. Di queste attività esiste qualche sporadica documentazione
cartacea, che ho ritenuto conservare solo nel mio archivio “morto” privato.
Questo episodio è stato cruciale nel corso dell’intera mia esistenza, perché mi ha fatto uscire dagli ambienti “governativi”, a livello regionale, e passare definitivamente in quelli di opposizione, di matrice ambientalistica; mi ha costretto ad iniziare una modesta carriera politico-amministrativa, a livello di Comune; mi ha fatto concentrare, per oltre dieci anni, le mie ricerche scientifiche sul tema dell’ambiente; e, sospetto, il mio allontanamento, e poi espulsione, dall’Isig e da Trieste. Qui sono presentati solo i documenti firmati da me. Gran parte del materiale scritto è stato firmato collettivamente dal “Comitato per la Tutela dell’Ambiente”, di cui ero Presidente ed estensore di quasi tutti i testi. In via eccezionale, presento qui anche alcuni documenti non a mio nome; in particolare alcuni volantini, in cui mi sono esercitato anche in disegni e grafica. Presento anche un opuscolo di 20 pp. che ritengo di buona caratura tecnico-scientifica, e in cui sono confluiti molti dei miei studi giovanili di sociologia del territorio e discipline affini (urbanistica, echistica ecc.). Moltissimo altro materiale, prodotto da altri supporters del Comitato (giornalisti, esperti ecc.), non è stato inserito in questo sito. Lo scontro ha avuto un botto iniziale tra l’estate del 1980 e l’inverno del 1981, ma ha avuto una lunga coda, fino al 1990. Quando la costruzione dello Scalo era ormai inevitabile, l’attenzione del Comitato è passata al problema del reperimento degli “inerti” (la ghiaia) necessari per la costruzione, e alla “mitigazione” e compensi per l’impatto. Nel corso della lotta vi sono stati anche momenti di vistosi e rumorosi mobilitazione di piazza, e qualche violazione di leggi, che mi hanno buscato due denunce penali, e mi pare con condanne a qualche mese. Non ne serbo una memoria chiara; in ogni caso credo si trattasse di sospensione condizionale e non menzione; cioè, solo formalità. Il Comitato ha perso lo scontro, ma la storia di questi 33 anni gli ha dato piena ragione. Lo Scalo ha funzionato solo per una frazione della sua potenzialità promessa, non ha provocato nessuno dei promessi benefici economici sulla comunità locale, e nel 2012 è stato chiuso il suo “cuore”, la “sella di lancio”. E’ ormai comune, nella classe dirigente della Regione, l’ammissione che lo Scalo di Cervignano è stato un fallimento. Rimane una tipica “cattedrale nel deserto”, costato ai contribuenti circa 500 miliardi di lire di quegli anni.
Nell'elenco che segue, non è ritenuto necessario riportare i titoli, neanche in forma semplificate, degli scritti; il tema è sempre lo stesso
Diversamente dal caso precedente, questo mega- progetto da 1500 miliardi di lire ha avuto una vita brevissima, poche settimane, e solo sulle pagine di un unico organo di stampa locale, "La Vita Cattolica". Rimane il dubbio se sia stata solo un rozzo tentativo di truffa ai danni della Regione, cui era stata chiesto un contributo per la redazione del progetto; o una grandiosa strategia di investimento e riciclaggio di capitali di inquietante provenienza (mafia?). Di questo sospetto, tratto dal contatto personale con il proponente del progetto, informai confidenzialmente le autorità competenti (il Prefetto di Udine e uno dei massimi esponenti politici locali). Non so se avessi avuto ragione; in ogni caso, il personaggio e il progetto scomparvero subito e definitivamente dalla scena.
Il Pelanda era un mio studente e laureato, che nel 1977 avevo inserito nell’Istituto di Sociologia Internazionale. Approfittando del diradamento della mia presenza all’Isig, per gli impegni locali (la “lotta contro lo Scalo) e nazionali (all’AIS, Site e alla Cattolica), in pochi anni il Pelanda si era impadronito dell’Istituto, stravolgendone la struttura e scopi ed emarginando i ricercatori della prima generazione, compreso me. Di questa antipatica vicenda goriziana presento qui solo poche lettere sulla stampa locale: ma è solo la punta dell’iceberg di una grande mole di attività, essenzialmente verbali (colloqui e telefonate) ma anche lettere personali e documenti, da parte anche di alcuni colleghi (Tellia, Cattarinussi, Gasparini), nel corso di diversi anni. Non è stato facile smontare la rete di protezione che il Pelanda era riuscito a costruirsi, grazie alla sua indubbia capacità, in diversi ambienti: locali, nazionali e transatlantici; politici, accademici, economici e credo anche altri (massoneria). Il successo arrivò, il Pelanda fu allontanato, e l’ Isig fu restituito ai suoi compiti istituzionali originali; ma anch’io fui escluso, per motivi che non ho voluto approfondire.
Lo scontro, qui anche fisico, è durato mezz’ora; ma data la popolarità, in certi ambienti, di Sabina Guzzanti e la presenza di un gran numero di telecamere e giornalisti, questo siparietto fuori programma ha goduto di lunga e vasta fama. I video girano ancora, in testa dei link a mio nome, sulla Rete. Il quotidiano locale gli ha riservato la massima evidenza, ma solo per pochi giorni. Le minacciate sanzioni a mio carico non si sono materializzate. Mi è stato riferito che dopo lo scontro la Guzzanti ha mostrato una certa perdita di smalto, nel successivo comizio, e che ancor peggio sia andato il secondo tempo, al “Teatrone”. Pare che io le abbia rovinato la festa a Udine. Il mio successo è misurato anche dal fatto che il successivo spettacolo (di Guccini) in programma fu annullato, e da allora nessun personaggio di questo tipo fu ospitato nell’Aula Magna dell’Università di Udine.
Questo caso mostra qualche analogia con quello del Pelanda, per la potenza dei protettori. In questo secondo caso, però,
il Pira non è stato un mio allievo; la mia colpa è stata “solo” di aver esaudito la raccomandazione del Rettore Honsell,
di far vincere al Pira il concorso di posto di ricercatore; scoprendo solo un paio di anni più tardi che ero stato
imbrogliato. Dopo due anni di manovre, denunce, esposti, a fine 2012 il caso è sostanzialmente e positivamente chiuso,
con l’allontanamento del soggetto da Udine (il trasferimento all’Università di Messina). Tuttavia Il successo non è
pieno, perché il personaggio rimane confermato nel sistema accademico italiano, malgrado la mia contrarietà; e
soprattutto perché è calata definitivamente la sabbia sul groviglio di irregolarità, falsità, errori e ingiustizie
che si sono commessi all’Università di Udine, a difesa del Pira e del suo studente/collega, l’autorevole giornalista
Cerno.
Una marginalissimo aspetto negativo è che sono fuoruscito dal sistema universitario portandomi addosso l’accusa
del Rettore Compagno di aver violato, in questa vicenda, il Codice Etico: il mio caso è stato archiviato, per la
mia cessione di servizio, senza essere ascoltato a difesa ed eventualmente prosciolto.
Il 25.07.2014 sono stato condannato a 4 mesi e 20 giorni di reclusione, per “abuso di ufficio”, con le rituali clausole (pagamento delle spese, sospensione condizionale, ecc.). Invece sono stato assolto dall’accusa di “falso ideologico”. La faccenda è piuttosto complicata, come si può capire dalla lettura della carte qui presentate. In particolare la sentenza del giudice Venditti appare un bell’esempio di letteratura giudiziaria (13 dense pagine) applicata all’arrampicata di specchi. Ma ci sono anche le imputazioni della PM Loffredo, gli interrogatori, le memorie di difesa (avv. D. Valente), il modo con cui la stampa ha trattato il caso (un normale sbattimento del mostro in prima pagina). Presento anche la lettera “anonima”, del 3 febb. 2012, da cui la Procura di Udine ha avviato le indagine, e la narrazione dei fatti, secondo le parti in causa (le altre due commissarie), pubblicata nel blog “per la sociologia” l’8 novembre 2011; versione immediatamente e integralmente accolte dai magistrati.
Credo che sia rimasto un caso unico, nella storia dell’Università di Udine, e non ho sentito di precedenti nel mondo della sociologia universitaria in Italia. In esso hanno giocato molti fattori: una contrapposizione viscerale tra due successivi Presidi di Facoltà umanistiche a Udine, Orioles e Riem; una sorta di punizione per aver sollevato lo scandalo udinese dell’esame falsificato e scoperchiamento di altre porcheriole (2008-2011; cfr., qui sopra, il “Caso Pira-Cerno”); l’opposizione di qualche autorità sociologica, di ambiente “Dem”, contro la posizione politica, ritenuta di destra, del candidato Marco Orioles in tema di immigranti islamici. Contro Marco si era già visto un anomale e durissimo attacco, in sede di un convegno all’abbazia di Pontignano (2009). Nell’incidente concorsuale ha giocato anche un tratto negativo delle regole del tempo, nella formazione delle commissioni concorsuali cioè con l’estrazione a sorte dei giudici esterni, con il rischio della nomina di docenti poco avvezzi alle regole, formali e consuetudinarie, in materia. Per il resto, sono occorse anche qui le dinamiche conflittuali usuali nei concorsi, le interferenze, le pressioni esterne, ecc.. Vicende di questo tipo sono menzionate nella mia lettera, qui riprodotta, al già allievo e amico Vanni (Giovanni delli Zotti).
Personalmente, questa condanna, puramente simbolica, non mi ha cambiato affatto la vita, avendo assoluta coscienza della mia innocenza e correttezza (intima candent!); e mi pare che nessuno che mi conosca abbia creduto a quelle accuse. In generale, il reato di “abuso d’ufficio” non gode di molta stima, nell’opinione pubblica. Però ne ho risentito economicamente: qualche anno dopo (2016), l’Università mi ha citato presso alla Corte dei Conti per condannarmi a pagare il costo del concorso incidentato, più il “danno d’immagine” (altra figura giuridica molto vaga e discrezionale), per un totale di 24.000 €. Grazie alla mia difesa (avv. Luca de Pauli), la Corte di Trieste ( la procuratrice Tiziana Spedicato) ha valutato il danno a “soli” 8.000 €.
Un addentellato curioso a questo processo è stata nel 2014, subito dopo la condanna, una denuncia contro di me, sempre per questioni di concorsi. L’attore è stato Giovanni Lunghi, un docente a contratto presso la Facoltà di Lingue di Udine, che era stato bocciato ad un concorso di ricercatore, dove io ero stato presidente della commissione. In precedenza era stato mio studente ad un dottorato, e in seguito più volte gli ho raccomandato di scrivere e pubblicare; ma al concorso ho dovuto constatare che i titoli presentati erano del tutto inadeguati. Le sue argomentazioni nella denuncia erano ovviamente molto deboli, e il GIP Faleschini ne ordinò l’archiviazione. Contro l’ordinanza il Lunghi insistette, assistito dall’avv. Mery Mete; ma il GIP Barnaba rigettò il ricorso, confermando l’archiviazione. La vicenda non meriterebbe essere ricordata, se non perché: a) la Procura di Udine ha mandato coppie di agenti della Tributaria a Padova e a Parma per interrogare i commissari del concorso incriminato, non trovandovi alcunché a mio carico; b)l’indagine ha riguardato in particolare il ruolo del Rettore, Honsell, non producendo nulla di rilevante; c) io ho colto qualche indizio che dietro le strane e tardiva mosse del Lunghi vi fosse il rancore del Pira; d) il mio difensore d’ufficio, avv. F. Pesce, per ascoltare la conferma dell’archiviazione, mi ha estorto più di 2500 €, circa tre volte più di quello che mi hanno chiesto gli altri miei avvocati, nelle altre vicende, dove avevano lavorato davvero. Sorge inevitabilmente la battuta sul Pesce-cane.
Tre note conclusive:
1) le vicende processuali si sono svolte negli anni (2013- 2016) in cui in rapida successione mi sono mancate la moglie, la madre e il fratello;
2) l’incidente concorsuale ha causato la scomparsa dell’amicizia con Enzo Cesareo, l’indiscusso leader del “partito sociologico” (la SPE) in cui ho militato lealmente per decenni. Amicizia non solo operativa, ma anche affettuosa e familiare. Prima mi rispondeva immediatamente alle mie telefonate; dopo il concorso fallito, si è fatto sempre negare. Questa rottura mi rimane inspiegata. Non mi pare sufficiente a spiegarla il fatto che la candidata Rinaldi, protagonista con Orioles dell’incidente concorsuale, fosse una allieva del suo vivaio alla Cattolica;
3) dopo essere uscito male nel 2012 dall’Università di Udine (non mi è stato permesso di difendermi dall’imputazione di violazione del Codice Etico; minacce di sanzioni disciplinari; immediata cancellazione dai canali di comunicazioni dell’Ateneo; informale dichiarazione di persona non grata negli spazi dell’Università) il Rettore, Alberto De Toni mi ha richiamato nel grembo dell’Università (baci e abbracci degli ex-accusatori), in occasione delle onoranze del defunto Rettore Strassoldo; partecipazione alla Commissione di conferimento della Laurea Honoris Causa a Gianfranco D’Aronco; posto d’onore nel volume dedicato al Rettore Strassoldo, e nella cerimonia di intitolazione della massima aula al nome di Marzio Strassoldo, ecc.).