Non mi sono concesso molti momenti specificamente ludici, nella mia produzione scritta; sei in tutto. Ma ho cercato di cospargere un pò di ironia e giocosità in molti altri scritti, che non è opportuno menzionare qui. Lascio al pubblico trovarli.
Il senso del primo è esplicitato nell’incipit. Qui non occorre dire altro che il fenomeno dell’autostop, allora
(anni 60-70) era molto diffuso e interessante; poi è sostanzialmente sparito.
Invece, il curioso fenomeno delle relazioni tra il nome e le caratteristiche di chi lo porta, è sempre esistito,
come è attestato dal proverbio latino (nomen omen: il nome è presagio del destino), e credo continui alla grande
anche oggi. Da quando ne ho preso coscienza, per alcuni anni ho registrato queste coincidenze colte sulla stampa;
e alcuni colleghi hanno partecipato al gioco, segnalandomi casi. Una prima collezione è stata pubblicata nel 1980;
ma ho continuato anche negli anni seguenti. Dopo il 1986 ho smesso di raccogliere prove, ormai sicuro che il
misterioso nesso esiste.
Il dialoghetto con mia figlia – rigorosamente vero - è un minuscolo esercizio sulla scia dei famosi, magistrali
“metaloghi” di Gregory Bateson con sua figlia.
Anche la storia sulla Laurea Odoris Causa è ovviamente verissima; ho partecipato personalmente - da attor giovine -
a quella imbarazzante commedia.
La CAZU richiede una “spiega” un po’ più complessa. Un membro della Facoltà di Agraria, specialista di economia
dell’ittiocultura (allevamento di pesci), aveva organizzato a Udine un convegno nazionale sulla gestione delle zone
umide (falde superficiali, aquitrini, paludi, lagune ecc.), come risorsa prima per lo sviluppo di questo settore
produttivo (ovviamente nel rispetto della sostenibilità ecologica). Ma la dizione “zone umide” aveva evocato fantasie lubriche tra il personale più giovane della Facoltà. Non ricordo di chi fosse l’idea
primigenia, ma di certo assunsi io l’incarico di organizzare una piccola parodia del convegno sopra menzionato e
diramare il call for papers. Come si può notare dal programma, la partecipazione fu nutrita e i temi trattati furono
molto originali. Gli atti del convegno non poterono essere pubblicati, e ne sopravvive solo una; ma chi c’era sa che
furono un paio di ore di grassoccio divertimento. Intervenne all’inizio anche l’organizzatore del convegno
precedentemente citato, che non la prese bene. Minacciò apertis verbis i presenti di rappresaglie sulle loro
carriere accademiche; ma non impressionò nessuno. Il mio ruolo apicale in quello scherzo fu riconosciuto da una
pergamena, plagiata da quella che avevo appena ricevuto a Claut, dal locale Comitato di Difesa delle acque del
torrente Cellina.
Lo scherzo successivo non richiede delucidazione, a meno che il lettore non sia totalmente ignaro (condizione peraltro
molto diffusa) della storia e della politica friulana negli anni recenti. Forse può interessare che dopo quella mia
satira l’anonimo “Feliciut” non apparve più sulle pagine di quella rivista.
Invece qualche spiegazione pare necessaria a proposito dell’ultima entry. Quando apparvero, sulla prima pagina del
Messaggero Veneto, le amplissime eulogie in morte di un certo Raffele Di Deco, fui molto sorpreso che a Udine fosse
cresciuto un personaggio di così straordinarie doti intellettuali e umane, frequentatore assidue del Caffe Caucigh,
a lato dell’Università, senza che io ne avessi mai avuto sentore. Ma fui anche colpito dallo straordinario contrasto
tra le sue asserite virtù e le sue condizioni di vita a Venezia, e le circostanze della sua morte.
Solo a diversi anni di distanza casualmente trovai, fra le mie carte, una lontana lettera (1988) di un certo
Raffele Capobianco di Deco al “Gazzettino”, dove criticava amabilmente un mio precedente scritto su Vita Cattolica,
contro la Massoneria; il Di Deco magnificava i meriti storici di quella organizzazione. Non sono certo che sia stessa la stessa
persona; se fosse stato davvero il defunto, allora doveva essere ancora adolescente. Comunque affermava di
conoscermi bene e mi stimava molto. Al ritrovamento, mi incuriosii di nuovo su questo personaggio, e da Google
appresi che “Cariddeo” è tuttora un vivissimo eroe, nell’ambiente di estrema destra italiana; soprattutto per i suoi
violentissimi scritti negazionisti e antisemiti. E da altre fonti imparai anche qualcosa delle sue vicende e stile
di vita, il contrasto tra la sua frequentazione del gran mondo paneuropeo, tra la Bulgaria e Parigi, e le miserrime condizioni
economiche di sua madre, a cui era in carico. Questo è il “genio” esaltato da un variegato milieu, in cui emergono personaggi molto noti
a Udine come Diego Volpe Pasini, Cristiano Lesa, e Daniele Franz; e soprattutto il giornalista Tommaso Cerno, che
aveva orchestrato il paginone del principale quotidiano della città.
La mia lettera al Messaggero (ovviamente, non pubblicata) nacque come uno scherzo, anche se un po’ macabro e forse
di cattivo gusto. Ma adesso tutto è diventato tutt’altro che divertente; piuttosto, tragico e inquietante, a
proposito di un certo ambiente udinese.