1. INTRODUZIONE
In Occidente, le arti figurative si occupano in gran parte del corpo umano. Ciò vale in misura quasi totale per la scultura; le eccezioni sono rappresentate da alcuni animali domestici, a cominciare dal cavallo. In pittura il predominio del corpo umano è un po' meno assoluto; edifici, paesaggi, nature morte e simili hanno un posto importante, e crescente negli ultimi secoli. Il ritratto non può propriamente essere considerato immagine del corpo; il carattere individuale vi ha un ruolo preminente. Il corpo vestito è un oggetto radicalmente diverso dal nudo; l'abbigliamento è una concretizzazione della storia, del tempo, del sistema culturale, del ruolo e della posizione sociale. Il nudo esprime le emozioni e i sentimenti, e perciò i caratteri universali dell' essere uomo (e donna).
Anche in architettura si ritrovano le tracce del corpo umano. Vitruvio affermava che gli edifici sacri dovessero avere le proporzioni del corpo umano, perchè questo contiene il segreto dell'armonia universale (l'uomo vitruviano, iscritto contemporaneamente nel quadrato e nel cerchio); Michelangelo ribadiva che tra la forma degli edifici e quella del corpo vi dovesse essere una "dipendenza"; e la critica architettonica usa spesso un linguaggio antropomorfo (membrature, ecc.).
La centralità del corpo nelle arti figurative è una conquista della civiltà mediterranea. Nella preistoria, nelle culture primitive e nelle civiltà extra-europee (Estremo Oriente, America) le cose stanno altrimenti. Nelle grotte dell'era di Cro-Magnon, le figure dei cacciatori hanno un posto di gran lunga subordinato, quantitativamente e qualitativamente, a quello degli animali cacciati. Nelle culture primitive e in quelle amerindie le figure umane sono soprattutto simboli grafici, che rappresentano in modo più o meno stilizzato e astratto, semplificato e caricato, le forze della natura e della società. Normalmente più che semplici uomini sono raffigurati dei e re, catafratti nelle loro insegne. Nell'arte cinese e giapponese le figure sono generalmente disegnate con maggior realismo, ma come semplici elementi della totalità della scena paesaggistica e come personaggi di una storia, attori che svolgono ruoli nella scena sociale; quel che interessa sono le loro attività, le loro relazioni, piuttosto che la loro corporeità. In tutti questi casi, il corpo umano appare solitamente caricato dei simboli del suo status: copricapi, acconciature, decorazioni, armamenti, e vestiti.
Uno dei centri dell'attenzione è l'espressione del volto: benevolo, umile, corrucciato, terrorizzante, e così via. Anche nell'arte occidentale il corpo umano è largamente rappresentato in tutti questi modi. Ma in essa si è sviluppata una forma o genere d'arte del tutto peculiare, unica ed esclusiva: il nudo, ovvero il corpo umano privo o quasi di copertura tessile, e presentato insieme come oggetto naturale, reale e come segno e simbolo, come veicolo di significati generali, come forma ideale, come "universale" .
Il nudo è un'invenzione greca, uno degli elementi fondamentali del "miracolo greco del V secolo", e uno dei massimi contributi che i Greci hanno dato alla civiltà occidentale. Chi proviene da altre culture non può non essere colpito, e spesso scandalizzato, dalla frequenza con cui nudi dipinti o scolpiti appaiono nei musei, sulle architetture, nei giardini, nelle case, negli oggetti d'uso domestico, e perfino nelle chiese, dell'Occidente.
Il nudo ha conosciuto un'eclissi millenaria
- ca. dal 300 al 1300 d.C. - ed è ripreso trionfalmente nel Quattrocento.
Verso la fine dell'Ottocento il nudo di tradizione greca ha esaurito la
sua spinta vitale, si è svuotato di funzioni e significato, ed è
stato sostituito da altri modi e forme di rappresentazione del corpo umano;
da un lato l'erotismo esplicito e la pornografia dell'industria culturale,
dall'altro la dissacrazione e brutalizzazione da parte dell'arte di "avanguardia".
Nelle pagine che seguono cercheremo di mettere in luce i correlati socio-culturali
di questa parabola del nudo.
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